Esofago di Barrett

Che cos’è l’Esofago di Barrett?

Viene definita con questo termine una condizione nella quale l’epitelio squamoso che riveste l’esofago è sostituito da un epitelio non originario dell’esofago (metaplastico) che risulta visibile endoscopicamente per il suo colorito rosa salmone.

Le cellule che contengono questo epitelio sono di tipo ghiandolare, simili a quelle che si trovano nello stomaco e nell’intestino. Tale epitelio, descritto da un chirurgo inglese (Norman Barrett) all’inizio degli anni 50, è rimasto per molto tempo poco più di una curiosità anatomica, sin quando si scoprì l’associazione tra l’epitelio di Barrett e l’adenocarcinoma dell ‘ esofago. Nell’epitelio metaplasico si possono trovare sia cellule normalmente presenti nel cardias e nel fondo gastrico sia cellule simil-intestinali con aspetto caliciforme (goblet cell); in questo caso la metaplasia viene definita come “intestinale”. Poiché si è osservato che il rischio di degenerazione neoplastico è associato in grandissima parte alla presenza della metaplasia intestinale,

Perché si forma l’esofago di Barrett?

La comparsa dell’esofago di Barrett è legata ad un grave e persistente reflusso gastro-esofageo; I fattori predisponenti sono il sovrappeso o l’obesità per i fenomeni pro-infiammatorii ad essa legati

Cosa può succedere nel tempo all’esofago di Barrett?

In alcuni pazienti possono comparire, all’interno della zona metaplasica, una serie di modificazioni cellulari, inizialmente limitate allo strato epiteliale e defined come neoplasia intraepiteliale di basso od alto grado, (displasia di alto o basso grado); con il tempo queste modificazioni possono poi evolvere in neoplasie infiltranti (adenocarcinoma).

Quanto è elevato il rischio di progressione da esofago di Barrett ad adenocarcinoma?

Il rischio di progressione ad adenocarcinoma è tuto sommato basso: nella metaplasia senza lesioni displastiche è di circa 1 paziente ogni 1000 pazienti / anno, ma tende a crescere in presenza di lesioni displastiche: nella displasia di alto arriva a 60 per 1000 pazienti / anno . La displasia di basso grado ha un rischio intermedio.

Come si fa la diagnosi di esofago di Barrett?

Per una corretta diagnosi di Esofago di Barrett bisogna seguire dei precisi protocolli endoscopici e bioptici: endoscopicamente devono venire riportati nel riferimento all’altezza della circonferenza dell’epitelio metaplasico, in cm dall’arcata dentaria,  (classificazione di Praga ) e devono essere eseguite biopsie ai 4 quadranti dell’esofago ad intervalli di 2 centimetri per tutta l’estensione dell’Esofago di Barrett (oltre alle biopsie su qualsiasi zona sospetta, nodulo od ulcerazione)  (Protocollo bioptico di Seattle).

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Inoltre non è facile porre la diagnosi di displasia, specie se di basso grado, in un tessuto ove spesso è presente un’intensa infiammazione: questo comporta una bassa concordanza diagnostica tra patologi e come conseguenza le linee guida delle maggiori società scientifiche consigliano una rilettura dei preparati bioptici per la conferma della diagnosi in tutti i casi in cui è stata diagnosticata una neoplasia intraepiteliale / displasia. il maggiore problema clinico nei pazienti con esofago di Barrett rimane la sua precisa definizione istologica. La diagnosi di displasia non è semplice: spesso la distribuzione della displasia è una macchia di leopardo all’interno dell’area metaplasica e specie nei pazienti con lunghi segmenti di Esofago di Barrett, si rende necessario un esteso mappaggio bioptico per poterla individuare.

E ‘utile lo Screening per diagnosticare l’esofago di Barrett?

Il continuo aumento dei casi di adenocarcinoma dell’esofago nei paesi occidentali e la forte associazione di questo con l’Esofago di Barrett (metaplasia intestinale) hanno fatto la domanda se sia necessario uno screening per diagnosticare precocemente la presenza di Esofago di Barrett e porre poi questi pazienti sotto sorveglianza endoscopica. Soggetti di razza bianca, sovrappeso e con una lunga storia di reflusso gastroesofageo sono i candidati per lo screening endoscopico, ma diversi studi hanno dimostrato che lo screening non è una strategia efficace per diminuire la mortalità per adenocarcinoma dell’esofago.

Cosa bisogna fare se si ha la diagnosi di Esofago di Barrett?

E ‘ormai accettato che la  sorveglianza endoscopica dei pazienti con esofago di Barrett sia in grado di modificare la sopravvivenza dei singoli pazienti, grazie alla diagnosi precoce di neoplasia esofagea, ma –come per lo screening- non vi sono ancora dati sufficienti per dimostrare che la sorveglianza sistematica di tutti i pazienti con esofago di Barrett comporti una riduzione della mortalità per adenocarcinoma esofageo nella popolazione. La sorveglianza endoscopica è comunque consigliata dalle linee guida formulate da diverse società scientifiche (British Society of Gastroenterology, American Society of Gastroenterology and Endoscopy) e va fatta con cadenze differenziate a seconda della presenza o meno di displasia, della lunghezza del segmento metaplastico e della età del paziente. In genere nei pazienti con Esofago di Barrett senza displasia e potrebbe ripetuta una endoscopia ogni 3 anni. In caso di displasia lieve la EGDS andrebbe ripetuta ogni 6 mesi fino a quando non ci siano dovute evidenze consecutive di assenza di displasia. In caso di displasia severa (cioè neoplasia intraepiteliale di alto grado) vi è l’indicazione ad un intervento terapeutico per via endoscopica, per esempio la mucosectomia (asportazione di una zona di mucosa sospetta), se ci sono lesioni visibili o circoscritte o la termoablazione con Radiofrequenza o una terapia combinata con mucosectomia o radiofrequenza.

Nella Regione Veneto è stato istituito un apposito Registro per seguire i pazienti con esofago di Barrett e definirne il rischio di progressione. (www.esofagodibarrett.org)